Le preziosita' della Concattedrale


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Suggerimenti per una visita completa del Duomo di Rovigo

Il visitatore o turista frettoloso, per avere una pallida idea di Rovigo con poche ore a disposizione, si limita al tempio della Rotonda (vero piccolo pantheon cittadino), alla pinacoteca dei Concordi comprendente ora anche la quadreria del Seminario (lascito Silvestri 1876). Un’occhiata fuggitiva alle Torri e mura del X sec. E via… toccata e fuga sulla strada di Padova o di Bologna.
Con esclusione purtroppo della Concattedrale (1696-1712) arch. G. Frigimelica, salotto buono per credenti e non della nostra città.
Il Duomo di Rovigo è una delle sue creazioni più importanti e certo una delle più belle costruzioni venete di questo tempo. Misura m. 60 di lunghezza, 23 di larghezza alla crociera e 13 nella tribuna. La facciata, purtroppo, è rimasta incompiuta, eccetto il sobrio portale classicheggiante (1837) dovuto alla munificenza dei conti Casalini.

L’interno, ampio e luminoso, allarga lo spirito! E subito ci sovviene S. Giorgio Maggiore, nell’omonima isola veneziana, canto del cigno del Palladio, e tanta altra bella architettura post-palladiana e longhenesca. Numerose e notevoli le preziosità ivi custodite: fra tutte spicca la bella tela dell’altare del Santissimo, dovuta al pennello di J. Palma il Giovane: “Gesù Risorto” adorato dai S.S. Stefano P.M. e Bellino, nostri patroni (1620), tuttavia, al dire del Semenzato, opera un po’ fredda e manieristica.
Impreziosisce, invece, il braccio destro del transetto, il quarto altare, dedicato alla Madonna del Carmine, dovuto al veneziano Giovanni Trognon. La tavola al centro raffigura la Vergine Maria che porge lo scapolare a S. Simone Stock, alcuni personaggi inginocchiati ed in basso angeli che tolgono dalle fiamme le anime purganti. E’ opera firmata di Andrea Vicentino e presenta l’elaborazione compositiva tipica di questo artista.
Notevoli, soprattutto per vetustà, nella prima cappella di sinistra (adibita a fonte battesimale) una quattrocentesca Madonna del Parto, adorante genuflessa il Suo Bambino (quem genuit adoravit) e una tela con la Vergine Gesù. S. Giuseppe ed i Magi, opera della fine del sec. XVI attribuita troppo generosamente dal Bertoli al Palma il Giovane. Il bel candelabro in bronzo, già a sinistra dell’altare maggiore, attribuito a Desiderio de Firenze, è opera cinquecentesca che si inquadra nella scuola di scultura padovana e che fa sentire i contatti con il Riccio.
Dire Duomo è dire Madonna delle Grazie, la vera patrona di Rovigo, infatti nel 1° altare a destra è al centro della devozione di tutti l’omonimo affresco qui trasportato il 17 febbraio 1737 dall’antico Battistero demolito in quell’anno sicuramente del XV secolo. Gli influssi pierfrancescani nella Vergine potrebbero far pensare ai Canozi, sodali appunto di Piero della Francesca.
Ai due lati del coro, nel presbiterio, troviamo i Santi Pietro e Paolo di maestro francese del sec. XVI, trasportati da tavola su tela nel 1919 e attribuiti in passato con superficiale leggerezza al Garofalo.

Mario Andriotto Mutarelli

(da LA SETTIMANA del 7/4/2013)

allegati:
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La storia del Duomo
xxx Fonte : http://www.lasettimana.ro.it/
inserito il 06 aprile 2013 (1392)
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