Separazioni e divorzi in polesine: dati 2008


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da: IL GAZZETTINO del 29/3/09

Rimane sostanzialmente stabile in Polesine nel 2008 il trend di separazioni e divorzi, con una diminuzione del numero dei procedimenti nel primo caso e una conferma, invece, nel secondo. Non accenna a diminuire, comunque, la litigiosità tra coniugi, con uno zoccolo duro di procedimenti "per colpa" che si mantiene a livelli significativi. E anche la crisi economica si fa sentire, con difficoltà finanziarie a far fronte agli impegni di mantenimento. «Al di là delle oscillazioni anno per anno - spiega il giudice Michele Bordon - il numero dei matrimoni che falliscono rimane sui livelli nei quali si è attestato negli ultimi dieci anni.

Le tendenze vanno giudicate, infatti, su periodi più lunghi dei 12-24 mesi. E il dato da cogliere è che anche il Polesine si è omologato ad altre realtà più complesse con un numero significativo di unioni che finiscono». Secondo i dati del tribunale, nel 2008 le nuove richieste di separazione sono state 389 contro le 424 del 2007 e le 452 del 2006.

A calare nell’ultimo anno sono soprattutto quelle consensuali, che passano dalle 298 di due anni fa e 320 di quello seguente, alle 248 del 2008. Diversa la tendenza delle istanze giudiziali, quelle in cui il mancato accordo tra i coniugi dà origine a contenziosi, che nell’ultimo anno sono state 141, il 35,6 per cento in più del 2007 (104), tornando ai livelli del 2006 (154). Per quanto riguarda le separazioni definite nel corso dell’anno, sono state 311, il 39,6 per cento in meno di quello prima (515), mentre nel 2006 erano 468. Anche in questo caso calano di più i procedimenti consensuali rispetto a quelli giudiziali. Se nel 2008 i primi sono stati 200, 366 nel 2007e 319 nel 2006, i secondi sono passati dai 149 di tre anni fa e dell’anno seguente, ai 111 di quello appena trascorso.

Nei divorzi le oscillazioni (228 domande sopravvenute nel 2008 contro le 289 e 235 dei due anni precedenti, e 224 definiti, a fronte rispettivamente di 319 e 221) fanno pensare a spostamenti fisiologici che attestano una sostanziale stabilità. Anche nel caso dei divorzi, il decremento è più accentuato per i procedimenti consensuali (tra sopravvenuti e definiti in totale 286 nel 2008, 402 nel 2007, 302 nel 2006) che per quelli giudiziali (166 nel 2008, 200 nel 2007, 154 nel 2006). Dietro i numeri, i drammi di tante coppie, alle prese con le mille questioni da definire: figli, patrimonio e alimenti. Quali sono i motivi più frequenti che portano alla separazione? «La ragione vera - osserva Bordon - è che viene meno il rispetto tra le persone e che almeno uno dei due non riconosce più all’altro pari dignità. E questo si esprime in tanti modi. Nelle separazioni giudiziali i motivi di "colpa" rimangono le infedeltà e l’abbandono del tetto coniugale. Vediamo anche qualche caso di addebito quando uno dei due coniugi ha problemi di dipendenza, soprattutto dal gioco d’azzardo». Un’altra "storica" ragione di conflittualità è la gestione dei figli. «Con la legge 54 del 2006 è stato introdotto l’affido condiviso - dice il giudice - prima limitato ai casi di scelta concorde di tutti e due i genitori.

Adesso è la regola, affidamenti a un solo genitore si decidono solo in casi gravi: indegnità dell’altro, lontananza insormontabile, carcere». Rimangono aperti tutti i nodi finanziari relativi al mantenimento dei figli. «Le coppie che si separano spesso vanno incontro a situazioni di vera e propria "povertà" - sottolinea - i redditi rimangono gli stessi, ma le case da mantenere sono due. Tante donne accettano lavori in nero come bariste, commesse, colf e solo così riescono a tirare avanti». Molte separazioni giudiziali diventano consensuali. «Quando mi rendo conto, però - afferma Bordon - che la conflittualità non è facilmente risolvibile. indirizzo la coppia al consultorio familiare e chiedo una relazione sul caso. C’è la possibilità anche di un’attività di mediazione che aiuti a superare le frustrazioni che tengono in scacco i due coniugi». * * *   Anche nelle separazioni e nei divorzi le ripercussioni della crisi economica cominciano a farsi sentire. «Le richieste di modifica alle condizioni finanziarie di separazione - spiega l’avvocato Luca Azzano Cantarutti, che segue ogni anno almeno una cinquantina di cause di questo tipo - prima dei tre anni sono sempre più frequenti. Coniugi, che al momento della separazione avevano la loro indipendenza economica, perdono il lavoro. Qualcuno, per esempio i liberi professionisti, ha una diminuzione delle entrate e non riesce più a far fronte agli accordi. E ci sono anche casi di coppie che rinunciano a separarsi per le difficoltà economiche cui andrebbero incontro». Oltre a ciò, «oggi si discute, più che in passato, per 50 euro in più o in meno nell’assegno.

I coniugi più generosi rimangono quelli con buone disponibilità che si sentono in colpa. Ma anche questa è una tendenza che va a esaurimento: spessissimo c’è una nuova famiglia da mantenere e questo obbliga a stringere i cordoni della borsa». L’infedeltà rimane la causa più frequente, il 90 per cento dei casi, del fallimento matrimoniale. «Sempre più spesso, però - continua il legale - i tradimenti sono reciproci: non è più solo l’uomo ad avere altre storie». A decidere di chiedere la separazione sono in maggioranza le donne. «I mariti mettono in conto la perdita dei figli - osserva Cantarutti - anche se, va detto, la modifica dell’istituto dell’affidamento ha stemperato tante battaglie. Prima a decidere sulla vita dei figli era solo il genitore affidatario, ora gli indirizzi importanti vengono scelti da entrambi i coniugi. La conflittualità rimane, però, per tutti gli aspetti patrimoniali». A separasi sono soprattutto le coppie tra i 30-40 anni, anche se non mancano i giovani che si arrendono dopo solo due o tre anni di matrimonio, e i 50-60enni che a volte regolarizzano situazioni di fatto e in altri casi, complice l’allungamento della vita media, cercano altre chance.  * * *   «Nei nostri compiti per la famiglia rientra anche quello di aiutare la coppia a separarsi "bene"». Silvana Milanese, responsabile del consultorio familiare dell’Ulss 18, sintetizza così il ruolo che il servizio può avere nell’aiutare i coniugi a capire quali decisioni prendere per sé e per i figli, e come comporre i conflitti. Al consultorio si rivolgono direttamente le famiglie in difficoltà, più su iniziativa delle donne che degli uomini, che solo da poco cominciano ad accettare il confronto.

A richiedere l’intervento degli operatori può essere anche il giudice. «Il tribunale ci indirizza le situazioni di alta conflittualità con la richiesta specifica di valutare con quale dei genitori il bambino potrà avere uno sviluppo psicofisico adeguato - spiega Milanese - si tratta di capire chi dei due è meno ostile all’altro perché il piccolo non sia costretto a "perdere" alcuno dei genitori. A volte proponiamo un intervento di mediazione familiare che non sempre viene accettato. Spesso le coppie emotivamente non si sono mai separate, oppure lo ha fatto solo uno dei due». Al termine di questo percorso il consultorio trasmette al giudice una relazione approfondita. Toccherà a questo punto al tribunale decidere a chi affidare il minore. Il giudice può stabilire anche che gli incontri con uno dei due genitori possano avvenire solo in ambiente protetto, alla presenza di due educatori, in una stanza del consultorio attrezzata a questo scopo sia a Rovigo che a Badia. «Questi incontri protetti - osserva la responsabile - possono durare anche anni e impegnano molto il servizio».    

  A fare le spese della separazione e dei nuovi compiti verso i figli è soprattutto la donna che «da un ruolo affettivo passa a uno normativo. I ragazzi, soprattutto maschi, nell’adolescenza si riavvicinano al padre e la mettono in discussione. La madre è sovraccarica di compiti ed è spesso nervosa, il padre ha magari una nuova giovane compagna. "Adesso capisco perché il papà se ne è andato. Voglio andarmene anch’io", pensa il ragazzo. Passaggi che possono essere devastanti per la donna cui è importante prepararsi per tempo».    

Uno dei fenomeni che stanno emergendo è quello delle separazioni in età avanzata. «Se i coniugi hanno più di 75 anni, preferiamo contattare i figli perché trovino due abitazioni separate», spiega Donatella Renesto che si occupa di mediazione familiare. Diversi i casi delle copie di 55-60 anni, una fascia di età che fino a poco tempo fa non si rivolgeva al giudice. «Adesso anche le donne mature hanno ancora voglia di vivere - racconta l’operatrice - i figli sono cresciuti, non ci sono grosse difficoltà economiche e la sessualità è considerata importante come a vent’anni. A prenderla male, soprattutto in presenza di nuovi legami, sono proprio i figli che assumono un atteggiamento "giudicante"».  

xxx Fonte : duomorovigo.it
inserito il 29 marzo 2009 (633)
- Gruppo Emmaus