“I morti udranno la voce del Figlio…”


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Fr. Alberto Degan commenta: “I morti udranno la voce del Figlio…” (Gv 5,25).

Udire la voce del Figlio

Spesso noi diamo il Vangelo per scontato: l’abbiamo letto e sentito tante volte, e proprio per questo non ci rendiamo conto della bellezza, della forza e della straordinaria novità che racchiude. Nel brano che ci proponeva la liturgia di qualche giorno fa (Gv 5,17-30), Gesù parla di Dio, ma non lo chiama mai Dio. In effetti, in tutti i Vangeli Gesù usa sempre il nome di ‘Padre’ o ‘papà’: non conosce altro modo per rivolgersi a Dio. E se a noi questo può sembrare normale, all’epoca non era così scontato; difatti “i Giudei cercavano di ucciderlo perché… chiamava Dio suo padre” (Gv 5,18). D’altronde, neanche noi abbiamo compreso cosa significa un Dio che non si fa più chiamare Dio, un Dio che si fa chiamare solo Padre e Figlio. “Il Padre ama il Figlio”, dice Gesù (Gv 5,20). E qui non usa il verbo agapào, che indica l’amore oblativo ‘perfetto’ che generalmente associamo a Dio, ma usa il verbo filèo, che indica l’amore umano, l’affetto che ci lega ai nostri familiari e ai nostri amici. Per Gesù quello che noi chiamiamo Dio in realtà è un papà e un figlio, che amano e si amano con un affetto viscerale. Per capire chi è Dio, dunque, dobbiamo entrare in questo affetto. In un passo di Luca Gesù afferma: “Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Perché, come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell’Uomo lo sarà per questa generazione” (Lc 11,29-30). Come dire: di solito la gente cerca Dio in un miracolo o in un segno portentoso, ma se tu vuoi conoscere davvero Dio devi solo contemplare il Figlio, il Figlio dell’Uomo, cioè l’Uomo che vuole realizzare pienamente la sua umanità. Dio non apparirà su una navicella extraterrestre: Dio non ti manderà nessun segno al di fuori del Figlio, perchè non c’è nessun Dio al di fuori di questo affetto familiare che lega il Padre al Figlio, un affetto che è sorgente di vita per tutti noi. E così“i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno” (Gv 5,25). Udire la voce del figlio è il desiderio di tante persone, di tanti genitori – soprattutto anziani - che sono rimasti molto tempo senza sentirla. Figli biologici e figli spirituali. Perché è bello ricevere una chiamata da Giampaolo, che ti dice: ‘Domani posso venire a parlarti?’. E quando passano tanti giorni senza sentirlo, la sua voce ci manca. Ed è proprio vero: quando finalmente ascolti la voce di tuo figlio anche i morti vivono, perché è una voce che ti dà vita e ti ridona la gioia. Insomma, udire la voce del Figlio è una delle gioie più grandi, anche a livello umano, e per capire Dio non dobbiamo cercare altri livelli… Rivolgerci a Dio come faremmo con un figlio è una novità assoluta suggerita da Gesù: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8,21). Chi ascolta e mette in pratica la parola di Dio è madre di Gesù; detto in altri termini: per vivere il Vangelo dobbiamo metterci nell’atteggiamento di una madre che ascolta il figlio. Il principale desiderio di un figlio è quello di essere ascoltato, amato, compreso. E’ commovente vedere che anche Gesù ci chiede di ascoltare la sua parola, e sente questa necessità e questo desiderio di essere accolto e capito da noi. Un figlio, in genere, per realizzare almeno alcuni dei suoi progetti, conta sull’aiuto della mamma e del papà. A livello di studio, ad esempio, è difficile che un figlio possa realizzare i suoi sogni senza un qualche aiuto da parte dei genitori. Ebbene, il Dio che ci rivela Gesù è un Figlio che ci chiede di ascoltarlo e di entrare nel suo cuore per aiutarlo a realizzare i suoi sogni. Io penso che rivolgerci a Dio come a un Padre è qualcosa che, di tanto in tanto, facciamo, ma voler bene a Dio come a un figlio è qualcosa che la maggior parte di noi non ha mai sperimentato. Se lo facessimo, sentiremmo tanta tenerezza per questo Dio che ci chiede di ascoltarlo. Quella tenerezza che l’ebrea Etty Hillesum, nella sua sensibilità femminile, ha espresso in vari modi e con parole indimenticabili. Di fronte alla barbarie nazista, che aveva messo l’odio e la disumanità sul trono, sembrava che non si potesse far altro che rispondere con altrettanto odio. E invece Etty non riesce ad odiare i suoi aguzzini, perché nel suo cuore ode la voce di un Dio che continua a sperare e a credere nella fraternità, un Dio che si sente completamente emarginato in questa società violenta e disumana. A questo Dio Etty si rivolge così: ‘Noi siamo abituati a chiederti aiuto, ma vedo che in questo momento non puoi fare niente per aiutarci; piuttosto, siamo noi che dobbiamo aiutare Te a conservare uno spazio e una dimora nel nostro cuore’. La Parola ci invita ad ascoltare con amore e tenerezza la voce di questo Figlio, a condividere i suoi sogni, a prenderci a cuore la sua causa, che è anche la nostra causa, perché è la causa dell’umanità e della fraternità.

Chi ascolta la voce del Figlio vivrà.

xxx Fonte : duomorovigo.it
inserito il 11 aprile 2014 (1225)
- Gruppo Missionario