(di Enzo Bianchi - Caro Diogneto - JESUS, giugno 2011)
L’«oggi» della vita ecclesiale, un oggi che riguarda a grandi linee gli ultimi quindici anni, è contrassegnato dal conflitto: la liturgia, che per sua natura vuole essere luogo di comunione e spazio in cui il Signore risorto e vivente dona alla sua comunità la pace («Pax vobis!»: Gv 20,19.21.26), è luogo di conflitto, di contrapposizione, di delegittimazione reciproca, di accuse proprie a una logica settaria e in ogni caso non conforme allo spirito del Vangelo. Tutta la chiesa ne soffre, è una chiesa «afflicta», per riprendere un’espressione del magistero, e in questa vera e propria situazione di aporia in cui molti non sanno cosa dire e cosa fare si registra una paralisi che non è conservazione della tradizione né preparazione di un futuro ecclesiale fecondo. Ma chiediamoci: la liturgia che viviamo oggi nella chiesa, la liturgia voluta dal Concilio Vaticano II è in grado di essere il luogo, il sito in cui i fedeli possono essere soggetti della fede cristiana, capaci di sperimentare che cosa la fede permette di vivere, capaci di accogliere una speranza da offrire e proporre agli altri uomini? Oppure la liturgia è tentata di diventare un non-luogo, cioè uno spazio in cui gli uomini non vivono il loro oggi nell’oggi di Dio, in cui non trova accoglienza l’umanità reale, concreta e quotidiana, in cui si consuma un «sacro» che nulla ha a che fare con Gesù Cristo?
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