Shahbaz Bhatti, 42 anni, ministro per le minoranze religiose in
Pakistan, cattolico e unico non musulmano nel governo. E' stato assassinato dai
talebani a Islamabad, il 2 marzo 2011, colpito da 25 proiettili. Ecco il suo
testamento.
"Il
mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre,
insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i
valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia
infanzia. Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda
ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e nella crocifissione di Gesù.
Fu l'amore di Gesù che mi indusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le
spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero.
Ricordo un venerdì di pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un
sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del
mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri
fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei
poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico.
Mi
è stato richiesto di porre fine alla mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato,
persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la
stessa.
Non
voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai
piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino
per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me
che mi considererei privilegiato qualora — in questo mio battagliero sforzo di
aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan — Gesù
volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per
Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli e
hanno desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e
hanno terrorizzato la mia famiglia. Io dico che, finché avrò fino al mio ultimo
respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i
cristiani, i bisognosi, i poveri. Credo che i cristiani del mondo che hanno
teso la mano ai musulmani colpiti dalla tragedia del terremoto del 2005 abbiano
costruito dei ponti di solidarietà, d'amore, di comprensione, di cooperazione e
di tolleranza tra le due religioni. Se tali sforzi continuammo sono convinto
che riusciremo a vincere i cuori e le menti degli estremisti. Ciò produrrà un
cambiamento in positivo: le genti non si odieranno, non uccideranno nel nome
della religione, ma si ameranno le une le altre, porteranno armonia,
coltiveranno la pace e la comprensione in questa regione. Credo che i
bisognosi, i poveri, gli orfani qualunque sia la loro religione vadano
considerati innanzitutto come essere umani. Penso che quelle persone siano
parte del mio corpo in Cristo, che siano la parte perseguitata e bisognosa del
corpo di Cristo. Se noi portiamo a termine questa missione, allora ci saremo
guadagnati un posto ai piedi di Gesù ed io potrò guardarlo senza provare
vergogna".
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