Ogni settimana diventa sempre più difficile trovare le parole. Ogni
volta sembra di trovarsi davanti il peggio del possibile, ed invece il
peggio ha a seguire sempre un gradino più basso. E questa continua
caduta di un Paese che appare quasi anestetizzato anche alle brutture
più squallide non pare avere mai fine.È difficile ritrarsi davanti allo squallore. I media ne sono
invasi. Tutto il resto è passato in secondo piano. Scomparsa l’angoscia
degli operai di Mirafiori, diventati protagonisti giusto il tempo di
chiudere le urne nelle fabbriche. Solo un flash sull’ennesima morte di
un giovane soldato in “missione di pace”. Dissolti del tutto i profughi
eritrei ostaggio dei trafficanti nella penisola del Sinai. E una sola
pagina a una notizia preoccupante: un giovane su cinque non studia né
lavora, una donna su due ha rinunciato a trovare un’occupazione.Non si vuole far demagogia né oscurare un problema serio e
importante che oggi, ancora una volta, mette in bilico il Paese. Ma non
si può neanche fare il gioco dei media che si sostituiscono al Grande
Fratello, costringendoci a un voyeurismo di bassissimo profilo. Vogliamo
occuparci dei problemi veri, di quelli che riguardano tutte e tutti, di
quelle condizioni che non ci permettono di progettare un futuro
differente. Vogliamo che la Politica si occupi di cose vere, dei
problemi della gente. Vorremmo essere un Paese capace di voltare pagina.Dobbiamo tornare a parlare di cultura, a batterci tutte e tutti per
la cultura. Perché è questo l’elemento fondamentale che viene a mancare
pezzo dopo pezzo, nelle scuole, nelle biblioteche, nel cinema, nella
televisione. È questo che lede la possibilità di pensare, di emergere,
di costruirci un domani diverso. Si cerca di far passare il messaggio
che non è la cultura a rendere migliori, ma l’esposizione di sé. Occorre
partire dal degrado che ci avvolge e parlare con i più giovani, per
ricordare loro una datata esortazione di un grande intellettuale
italiano, mai come oggi tanto attuale: «Studiate perché avremo bisogno di tutta la vostra
intelligenza!». È questo quel che sembra mancare oggi all’Italia. (Combonifem | Newsletter 03/11)
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