Nuvola bianca


immagine Prima li vedevi per strada spingere il carrozzino dei nipotini. Farsi intorno a queste creaturine con tutte le attenzioni, armeggiando coi passeggini tecnologici - ripiegabili, integrabili, trasformabili in transit per auto - senza troppa disinvoltura, loro, ritratti da giovani in foto, a volte in bianco e nero, con quelli a uovo degli anni Cinquanta, che al tempo erano un'assoluta novità. Poi quei due anziani non li hai visti più in giro. Era successo qualcosa che sfuggiva agli estranei. Che li ha chiusi. Che li ha bloccati. Che li ha costretti, quando le forze declinavano, a confrontarsi con qualcosa di grave, che avrà avuto un nome, uno fra i tanti, con cui il male affligge il corpo dell'uomo, e che ha cambiato loro la vita. E poi un giorno li hai rivisti. Sul terrazzo di un condominio più basso del tuo. Lei - nuvola di capelli bianchi al primo vento di primavera, come se ne avesse atteso a lungo il tepore - non spinge un carrozzino sul terrazzo, spinge una carrozzella, sopra cui sta il marito; col giaccone ben abbottonato e un incongruo cappello, perché stando fermo, un rabbuffo d'aria può fargli sentire freddo. Spinge l'uomo che le è stato compagno per una vita e lo è ancora. L'uomo che ha amato e che ama. Adesso non cammina più al suo fianco, cammina dietro a lui ch'è fermo. E c'è da giurare, dal modo in cui gli parla, che le parole rubate dal vento, sopra quel terrazzo, siano ancora parole d'amore (di Giovanni D'Alessandro - Specchio di parole - Avvenire)

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inserito il 30 aprile 2010 (515)
- Chiesa